Utilizzazione per scopi collettivi, tra i quali un particolare rilievo è dato al riutilizzo a scopi sociali, dei beni confiscati alle mafie su tutto il territorio nazionale.
Promotori - Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie
Destinatari – Comuni, Province, Regioni, Università Statali, Agenzie Fiscali, Amministrazioni dello Stato, Istituzioni culturali con rilevante interesse nazionale.
Altri soggetti - Agenzia del Demanio (gestore dei beni confiscati)
Risarcimento – l’intento del programma è quello di operare una sorta di risarcimento sociale, attraverso il riutilizzo dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, restituendoli alla collettività: una forma di “restituzione del maltolto”.
Responsabile della gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata dal momento della confisca definitiva del bene fino alla sua destinazione è l’Agenzia del Demanio.
Una stima aggiornata al 30 giugno 2008 evidenzia che i beni immobili confiscati alla criminalità sono 8.385, di cui 4.940 già destinati per finalità sociali o istituzionali. L’84% dei beni confiscati si trova in quattro regioni meridionali, con una netta prevalenza della Sicilia (47%), mentre Calabria e Campania si attestano intorno al 15% e la Puglia al 7%. Il restante 16% è concentrato prevalentemente in Lombardia e nel Lazio.
Le Procedure di assegnazione dei beni secondo la legge 109/96 si articolano secondo tre fasi:
prima fase - sono coinvolti quattro soggetti istituzionali. “il provvedimento definitivo di confisca è comunicato, dalla cancelleria dell’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento, all’ufficio del territorio del Ministero delle finanze (oggi Agenzia provinciale del Demanio) che ha sede nella provincia ove si trovano i beni o ha sede l’azienda confiscata, nonché al prefetto e al Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno”.
seconda fase - sono coinvolti quattro soggetti istituzionali. I “il dirigente del competente ufficio del territorio, sulla base della stima del valore dei beni effettuata dal medesimo ufficio, acquisiti i pareri del prefetto e del sindaco del comune interessato e sentito l’amministratore giudiziario del bene stesso, formula una proposta di assegnazione entro 90 giorni dal ricevimento della comunicazione, al direttore generale del Demanio del Ministero delle Finanze”.
terza fase - il direttore centrale del demanio del Ministero delle finanze emana, entro trenta giorni dalla comunicazione della proposta, non vincolante, il decreto definitivo di destinazione (che nella quasi totalità dei casi è confermativo della proposta).
I beni immobili sono:
- mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile, salvo che si debba procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso;
- trasferiti al patrimonio del Comune ove l’immobile è sito, per finalità istituzionali o sociali. Il Comune può amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, ad enti, ad organizzazioni di volontariato, a cooperative sociali, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti. Se entro un anno dal trasferimento il comune non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto nomina un commissario con poteri sostitutivi;
- trasferiti al patrimonio del Comune ove l’immobile è sito, se confiscati per il reato di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope. Il comune può amministrare direttamente il bene oppure, preferibilmente, assegnarlo in concessione, anche a titolo gratuito, ad associazioni, comunità o enti per il recupero di tossicodipendenti operanti nel territorio ove è sito l’immobile.
I beni aziendali sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati:
- all’affitto, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività produttiva, a titolo oneroso, previa valutazione del competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero a titolo gratuito, senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell’impresa confiscata. Nella scelta dell’affittuario sono privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali. I beni non possono essere destinati all’affitto alle cooperative di lavoratori dipendenti dell’impresa confiscata se taluno dei relativi soci è parente, coniuge, affine o convivente con il destinatario della confisca;
- alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima del competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l’interesse pubblico. Nel caso di vendita disposta alla scadenza del contratto di affitto dei beni, l’affittuario può esercitare il diritto di prelazione entro trenta giorni dalla comunicazione della vendita del bene da parte del Ministero delle finanze;
- alla liquidazione, qualora vi sia una maggiore utilità per l’interesse pubblico.
La legge inoltre sottolinea l’esigenza di attuare un monitoraggio permanente attraverso la predisposizione di una banca dati sempre aggiornata dei beni sequestrati e confiscati: il Governo sulla base delle informazioni desunte dalla banca dati trasmette ogni sei mesi al Parlamento una relazione
concernente i dati suddetti.
Il nuovo modello di gestione e destinazione dei beni, avviato dall’Agenzia del Demanio nel 2007, si basa sui Progetti Territoriali - consegna di “pacchetti omogenei di beni” agli Enti locali e
- loro riutilizzo sociale, attraverso la firma di Protocolli d’Intesa
Sostenibilità
Il PON Sicurezza per il Mezzogiorno d’Italia del Ministero dell’Interno è finalizzato a garantire misure finanziarie per la fruizione e la ristrutturazione delle strutture confiscate.
Ulteriore criterio di sostenibilità è dato dalla capacità di mettere in rete l’Agenzia del Demanio, le Prefetture, i Comuni, i Consorzi di Comuni e le varie associazioni.
Valutazione
Nella piena applicazione della Legge 109/96, che consente il riutilizzo sociale dei beni confiscati si incontrano alcune difficoltà:
-la scarsa o addirittura mancante trasparenza nelle informazioni e nelle procedure di assegnazione dei beni confiscati
-la difficoltà nel reperire i finanziamenti per i progetti di riutilizzo dei beni confiscati.
-problematiche relative alla tempistica (fasi e tempi per giungere al procedimento di confisca dovrebbero compiersi nei pochi mesi utili affinché il bene possa essere definito nelle sue caratteristiche e possa essere immaginata una sua precisa destinazione che ne consenta poi sia una sua reale conservazione oltre che un’eventuale valorizzazione), imputabili alle carenze del processo giurisdizionale al quale poi susseguono atti correttivi, o a carenze di tipo organizzativo in seno all’Agenzia del Demanio (operativa soltanto nel 2004).
- difficili rapporti tra le diverse amministrazioni che intervengono nei vari passaggi burocratici del procedimento
- strutturali carenze del sistema giudiziario ed amministrativo italiano (es.trascrizione in ritardo dei decreti di sequestro o con difetti di indicazioni catastali rendendo necessaria una modifica del provvedimento, la redazione di nuove trascrizioni)
-occupazione dei beni immobili a vario titolo da familiari o soggetti per i quali deve essere emesso lo sfratto
-fabbricati che risultano costruiti abusivamente senza che sia atto alcuna istanza di condono edilizio
-inserimento del bene all’interno di un contesto fallimentare o su cui gravano diritti di terzi, come il caso delle ipoteche che rendono impossibile la destinazione finale.
Emerge l’esigenza di una più adeguata pianificazione di tale sistema, come sottolineato nel «book formativo “Uso sociale beni confiscati 2007-2008”'» attraverso:
-la realizzazione di procedure standardizzate per taluni gruppi di beni e ad una razionalizzazione delle attività (per mezzo di una maggiore forza ispettiva sul territorio che dia proficuità alle varie filiali del Demanio presenti).
-un controllo sempre maggiore dell’attività degli amministratori nominati a gestire temporaneamente il bene per far si che se ne incrementi la sua redditività.
Condizione per la realizzabilità è la messa a regime di un più efficace sistema di rapporti tra amministrazioni ed enti che sono coinvolti nel territorio (tramite ad esempio un sistema di monitoraggio integrato che renda “trasparenti” costi e oneri di gestione).
Indicatori utili a valutare il livello qualitativo raggiunto, che risentono tuttavia direttamente delle condizioni, delle modalità e dei tempi con cui si è svolto l’iter di confisca e successiva assegnazione:
- partecipazione della collettività nel progettare l’uso sociale del bene confiscato e nella successiva assegnazione;
- effetti positivi diretti derivanti dall’uso sociale del bene confiscato;
- effetti positivi indiretti con ricaduta sul territorio in cui insiste il bene.
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie è attiva dal 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1300 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. L’impegno di Libera si inserisce nel contesto dell’azione del Governo italiano per contrastare la criminalità organizzata e le mafie. Nella legislazione antimafia italiana, l’azione di contrasto patrimoniale attivata dallo Stato, si snoda essenzialmente in due grandi fasi. Una prima fase, (legge Rognoni La Torre, 13 settembre 1982 n. 646) riguarda le indagini per l’individuazione, il sequestro e la confisca delle ricchezze delle mafie. Una volta che la confisca è divenuta definitiva i beni immobili possono essere destinati a diversi soggetti per varie finalità. Una seconda fase (legge 7 marzo 1996, n. 109) riguarda, appunto, l’utilizzo dei patrimoni e dei beni confiscati ai mafiosi.
La legge 109/96 sul riutilizzo a fini istituzionali e sociali dei beni confiscati nasce dal risultato di un percorso di riflessione che ha coinvolto e reso protagonista l’intera società civile sugli strumenti per una più efficace lotta alla criminalità organizzata. Nel 1995 viene realizzata, grazie all’azione di Libera, una campagna nazionale di sensibilizzazione che porta alla raccolta di più un milione di firme a sostegno dell’iter parlamentare di approvazione. Nei 13 anni di applicazione la legge ha consentito di creare in molti territori, non solo del sud d’Italia, le condizioni per l’inserimento occupazionale di giovani che trovano una occasione di riscatto sociale e economico. Emblematica è l’esperienza di Libera Terra: un progetto promosso dall’Associazione Libera che dal 2001 prevede la promozione e il sostegno a forme di cooperazione su beni confiscati alla criminalità organizzata. Nel primo progetto pilota, volto alla creazione della Cooperativa “Placido Rizzotto”, il lavoro è stato svolto congiuntamente con Italia Lavoro Spa e con il Consorzio Sviluppo e Legalità della provincia di Palermo. Sulla scorta di questo primo esempio, negli anni successivi sono nate altre esperienze cooperative in Sicilia, Calabria, Puglia e Lazio. Oggi queste forme di imprenditoria basate sulla gestione di terreni agricoli e beni immobili confiscati alle cosche mafiose, permettono il reinserimento lavorativo di persone svantaggiate. In taluni casi l’attività agricola d’eccellenza si accompagna anche alla promozione turistica del territorio, come nel caso della stessa Cooperativa “Placido Rizzotto” o della Cooperativa “Pio La Torre” che nel territorio di San Giuseppe Jato, Piana degli Albanesi e Corleone gestiscono, tra l’altro, anche due agriturismi e un centro ippico. A livello nazionale, gli ettari di terreni agricoli gestiti dalle cooperative afferenti al progetto Libera Terra sono più di 700 e sono quasi tutti convertiti ad agricoltura biologica con un fatturato totale che supera un milione di euro e che fa riferimento alla vendita di prodotti finiti (pasta, olio, vino, legumi ecc..) presenti, con numeri sempre crescenti, sia sul mercato nazionale che estero. Il successo di queste esperienze si è registrato laddove i tavoli di concertazione hanno messo in rete l’Agenzia del Demanio, le Prefetture, i Comuni, i Consorzi di Comuni e le varie associazioni, e dove l’attività di scambio sinergico si è potuta associare al reperimento di finanziamenti pubblici.
Nel corso del 2007 l’Agenzia del Demanio ha avviato un nuovo modello di gestione e destinazione dei beni confiscati basato sui Progetti Territoriali che prevedono la consegna di “pacchetti omogenei di beni” agli Enti locali e il loro riutilizzo sociale, attraverso la firma di Protocolli d’Intesa.
A partire dal 2007 sono stati avviati 4 Progetti Territoriali che hanno portato alla firma di altrettanti Protocolli d’Intesa con i Comuni di Roma (2 febbraio 2007 - 57 unità immobiliari), Reggio Calabria (19 febbraio 2007 - 48 unità immobiliari), Palermo (5 settembre 2007 - 258 unità immobiliari), Bari (26 settembre 2007 - 56 unità immobiliari).
La Finanziaria 2007 ha, inoltre, ampliato la platea dei destinatari dei beni confiscati. Oltre ai Comuni, potranno acquisire e gestire immobili confiscati alla criminalità organizzata anche le Province, le Regioni, le Università Statali, le Agenzie Fiscali, le Amministrazioni dello Stato e le Istituzioni culturali con rilevante interesse nazionale.
Nel 2008 l’Agenzia del Demanio ha proseguito nello smaltimento dello stock pregresso dei beni ancora da destinare, consentendo una gestione a regime delle nuove confische. Tanto che, il 31 marzo 2008, è stato firmato un protocollo d’intesa con 36 comuni di Reggio Calabria per la destinazione di 221 beni confiscati alla criminalità organizzata. Complessivamente nel 2008 (dati riferiti a giugno) sono stati destinati ben 700 beni.