Aree industriali dimesse, aree abbandonate, aree interstiziali, aree in trasformazione (demolizioni e nuove ricostruzioni) aree marginali e di frangia possiamo considere queste aree come ex-luoghi, luoghi cioè che hanno perso una loro identità legata alla città fordista-industriale, in transizione verso nuove forme di definizione. Zukin (1991) descrive come vecchi magazzini,aree portuali, fabbrica, scuole, monasteri, gasometri, caserme e quartieri operai si trasformano in una sorta di “terra di nessuno” aperta all'esperienza di tutti. Sono spazi che hanno perso la loro funzione originaria, così come gli edifici che vi sorgono e nell’apparente abbandono manifestano nuove relazioni potenziali.
L’obiettivo di questa parte della ricerca è individuare una casistica di politiche che coinvolgano spazi interessati dal riuso. Quale tipologia di politiche ricercare, visto che ciò che appare interessante ai fini della ricerca è l’individuazione di una casistica di risposte creative/innovative ai problemi? Una ulteriore questione riguarda la natura pubblica delle politiche selezionate, che si qualificano come tali, non solo, perchè promosse dalla sfera pubblica, istituzioni formali e pubblica amministrazione, ma rispondono a tematiche di interesse pubblico, mettendo in campo forme sinergiche di azione che partono anche dal basso ed in maniera spontanea, ad opera della società civile.
Le politiche formali delle istituzioni, sulla base di quella che viene definita la «teoria amministrativa dei bisogni» (Tosi, 1994), tendono a selezionare unicamente quei problemi per i quali esistono determinate soluzioni nel repertorio delle risposte codificate, senza riuscire a cogliere il potenziale creativo che una diversa lettura del problema può sottendere. Conseguentemente, e questo è il caso dell’agire della Pubblica Amministrazione, il campo delle soluzioni è limitato a quelle si possono identificare «con un servizio specifico, un oggetto, spesso un edificio» (Balducci, 2004). Per cui per rispondere per esempio alla carenza di spazi d’aggregazione per i giovani, piuttosto che sostenere le realtà esistenti, delle quali non riconoscono proprio la “legalità”, come sono i centri sociali occupati, spesso le pubbliche amministrazioni da una parte minacciano sgomberi, dall’altra promuovono la costruzione di nuovi centri aggregativi.
Trovare all’interno delle istituzioni forme di risposta creativa e non codificata ai problemi è una impresa ardua. Sono presenti, tuttavia, forme interessanti di integrazione, forme di sinergia, seppur limitate a una semplice e formale concessione di spazi e autorizzazioni al fare (nel mentre accade altro, per esempio). Questi comportamenti stanno penetrando la “governance culture” così come la descrive Patsy Healey (2004, 2007), delineando la possibilità di ridefinizione di campi e modalità d’azione dell’azione pubblica.
Il punto di partenza è stato quindi l’identificazione, all’interno del repertorio dei casi torinesi e di quelli internazionali, di alcune esperienze che si potessero qualificare come politiche, a partire della tipologia di problema di “interesse generale” cui tentano di dare una soluzione, ed individuare di seguito quelle soluzioni innovative in grado di ri-utilizzare alcune tipologie di spazi per costruire possibili risposte.
Le operazioni di ricerca effettuate sono:
- mappatura dei casi di politiche
- selezione dei casi significativi
- lettura dei casi
- interpretazione dei risultati
La mappatura dei casi è stata realizzata cercando di individuare il maggior numero possibile di tipologie di problemi di “interesse generale” cui il riutilizzo di alcuni spazi proponeva di fornire una soluzione, ponendo particolare attenzione al processo e agli attori coinvolti.
La scelta dei casi e i criteri di selezione
Dalla lettura dei casi si sono individuate alcune problematiche ricorrenti che hanno permesso la selezione di 13 casi significativi in grado di esemplificare diverse tipologie di riutilizzazione sociale degli spazi attraverso forme gestionali e organizzative con contenuti di innovatività e creatività.
Le categorie di problemi selezionati riguardano :
- la mancanza di spazi economici ed accessibili per alcune categorie “deboli” nel contesto urbano (artisti e creativi: Broedplaats, Acme, Precare; giovani: Oranssi; associazioni e no-profit: Precare, Spazi per le idee)
- la mancanza di sostegno al contesto/artistico creativo (Broedplaats, Precare, Quartier21)
- la mancanza di connessione tra domanda ed offerta di spazi d’aggregazione (Spazi per le idee)
- la frammentazione delle relazioni tra centri culturali e sociali (To&Tu)
- l’indifferenza di alcuni spazi di attraversamento della città (Esterni)
- il rischio di perdita della “memoria storica” “minore” e “recente” della città (EUT, Hotel Transvaal)
- la mancanza di un sistema di mobilità “alternativo” (Vias Verdes)
- la lotta alla criminalità organizzata (Libera)
- il contrasto a una logica di “fruizione” della città basata su logiche meramente economiche (NDSM)
- il contenimento del consumo del suolo – problema sotteso in forma implicita in ogni forma di azione che miri al recupero
Come nell’analisi dei casi internazionali anche in questo caso le parole chiave utilizzate sono state riuso, sociale e creativo/innovativo.
In riferimento al “riuso” le categorie spaziali individuate sono 1. aree industriali dismesse, 2. patrimonio immobiliare pubblico/privato non utilizzato, 3. Sistemi infrastrutturali dismessi, 4. quartieri in trasformazione, 5. spazi de-pubblicizzati1.
Per quanto riguarda le funzioni sociali -variamente abbinate tra loro nei singoli casi- i casi fanno riferimento alle 8 delle 11 tipologie, individuate all’interno del sito web, e sono: aggregazione e protagonismo giovanile; attivazione di distretti creativi; servizi di quartiere e sviluppo di comunità; sport ; impresa sociale per l’inserimento di persone svantaggiate; produzione artistica e culturale; eventi, esposizioni e intrattenimento; housing.
Infine il criterio relativo all’innovatività/creatività, nel caso delle politiche analizzate fa riferimento alla capacità degli attori coinvolti nei processi di innescare quelle sinergie cui si è fatto cenno in apertura.
La lettura delle politiche è stata effettuata attraverso: la descrizione della strategia adottata e la sua scala (città, quartiere ...); la definizione degli attori coivolti, individuando promotori e destinatari; la tipologia di meccanismo messo in atto; i contenuti e le modalità organizzative; la sostenibilità economica, sociale degli interventi; la valutazione del processo attraverso l’individuazione di indicatori, impatti ed esiti dello stesso; la storia, il processo evolutivo della politica. Questi criteri sono stati la base per la restituzione in schede omogenee delle politiche analizzate, organizzate secondo le 7 aree tematiche: strategia, attori, in cosa consiste il meccanismo, contenuti e organizzazione, sostenibilità, valutazione, storia.
La ricerca ha evidenziato diverse modalità di riutilizzo degli spazi, in politiche il cui obiettivo prevalente, come già precisato, non è il riutilizzo degli spazi. Il processo di costruzione delle politiche individuate non parte, infatti, dalla considerazione degli spazi abbandonati, dismessi, inutilizzati come questione da trattare; piuttosto parte da specifiche questioni di natura sociale (che potremmo semplificare in due grandi categorie: lotta alla criminalità o welfare2) individuando nel ri-utilizzo degli spazi una opportunità per perseguire i propri obiettivi.
La rivitalizzazione di aree abbandonate, dismesse, inutilizzate risulta spesso economicamente e politicamente difficoltosa, rendendo difficile l’identificazione di politiche pubbliche specificamente finalizzate alla loro riconversione, laddove il “pubblico” non intravede un vantaggio economico immediato. Tuttavia emergono sempre più numerosi in queste zone usi non pianificati, che spesso evolvono verso forme inconsuete di spazio pubblico e semi-pubblico intensivamente usate, diventando nuovi punti di partenza per nuove imprese legate ai media, alla cultura e ai servizi. È l’ambito artistico-culturale infatti, - ma non esclusivamente quello, come si desume dagli altri casi analizzati - alla ricerca di spazi liberi da codici, regole, e relazioni standardizzate, ad incontrare con maggiore facilità questi spazi potenzialmente attivi e dinamici.
Come già è stato evidenziato nel capitolo riguardante i casi internazionali (parte di Lina), la maggior parte degli interventi incentrati specificamente sul riuso degli spazi attraverso attività artistico-culturali fa riferimento a diverse tipologie di politiche “formali” di rigenerazione degli spazi “culture-led”3, mentre la tipologia di interventi relativi alle politiche analizzate in questa parte della ricerca, ad eccezione del caso del Quartier21, fanno riferimento alla tipologia “culture and regeneration”. Il Quartier21, infatti, si inserisce in un progetto ampio di riqualificazione di un polo museale urbano, in cui le attività culturali sono i catalizzatori e i motori della rigenerazione stessa dell’area. Negli altri casi si tratta di iniziative che nascono alla piccola scala, o dal basso, dalla mobilitazione di cittadini e associazioni culturali, che riescono ad avere un impatto non indifferente in processi più ampi (Broedplaats, Precare, Acme, Hotel Transvaal).
Nei casi che fanno riferimento alla città di Torino (Spazi per le idee, To&TU, EUT) invece si può fare riferimento al modello “cultural regeneration”, se si analizzano nel contesto più ampio del piano strategico4 e della strategia di sviluppo della città stessa.
I soggetti promotori appartengono al mondo delle istituzioni o della società civile, la loro azione è spesso congiunta. L’analisi delle storie dei processi evolutivi delle differenti politiche evidenzia come l’intervento istituzionale sia nella gran parte dei casi sollecitata e richiesta, nella forma della “concessione”, della gestione, del sostegno economico, dopo un intervento di pressione da parte di gruppi spontaneamente costituitisi in forme poco strutturate, che con il tempo tendono a darsi una configurazione più “istituzionalizzata”.
Gli attori istituzionali nei processi analizzati, laddove non sono i promotori delle politiche, costituiscono una presenza essenziale e strategica ai fini dello sviluppo e della sostenibilità delle stesse. Il loro ruolo di apertura alla collaborazione e alla cooperazione, nonchè all’apprendimento è quello che ha portato a processi che vanno, in diverse misure, verso la costruzione di una “cultura di governance” (Healey, 2004, 2007)5, in cui si è realizzato il passaggio dalla dimensione “episodica” delle singole esperienze all’inserimento all’interno di un framework capace di tenerle insieme. A causa della continua interazione tra quelli che Healey definisce episodi specifici di governance, processi di governance e di governance culture, ciascun livello nella sua evoluzione è plasmato sia da forze che scaturiscono dal basso così come da esperienze provenienti dall'alto, cosicché vecchie tradizioni persistono o possono essere modellate per assolvere a nuovi compiti, mentre le innovazioni si generano laddove avviene l'incontro con discorsi e pratiche esistenti.
Trasferire l'apprendimento dagli esperimenti di governance a processi di"mainstream" è quindi un processo estremamente complesso che si verifica in un orizzonte temporale di lungo termine. Chiaramente le situazioni di governance urbana non sono sistemi auto-contenuti, esiste infatti una continua interazione tra dinamiche interne e forze esterne, dinamiche endogene ed esogene.
Le influenze"esterne" fluiscono all’interno di episodi specifici attraverso l'esperienza degli attori, attraverso le reti, i discorsi e i contesti giuridici, che danno forma ai processi di governance e attraverso le ampie forze sociali, economiche e politiche che modellano la governance culture.
Tab. 2: Qualities of Creative Modes of Urban Governance
Tab. 2: Qualities of Creative Modes of Urban Governance
Infine nel modello culture and regeneration le attività culturali non sono integrate in una strategia di sviluppo complessiva.